Bella Ciao, Marcello Flores, Garzanti
Corretta e curata ricostruzione sia delle genesi del canto, che pare figlio di tradizioni diverse, da quella delle mondine ai canti di montagna financo a derivazioni francesi, sia del ruolo storico e iconografico della canzone. Flores ci racconta come “Bella ciao”, oramai assurta a livello planetario come canto di libertà, non sia stata la canzone più cantata sulle montagne, anzi, ma di come i canti partigiani preferissero riadattare canzoni di montagna, canti militari, canti politici ed anche motteggiare sulle arie di canzonette fasciste. Ci racconta di “fischia il vento” e del suo sfortunato creatore, canzone maggiormente in voga nella parte social comunista della Resistenza e di come la cultura italiana abbia calato l’oblio nell’immediato dopoguerra sulle vicende resistenziali intese come elemento divisivo all’interno del nuovo assetto politico, centrista, italiano e del suo revival all’indomani dei fatti di Genova e della nascita del primo centrosinistra. Il libriccino ci porta attraverso la redazione dei primi canzonieri della Resistenza dove la nostra canzone non faceva neppure capolino fino al recupero pieno in quanto assurta a simbolo “unitario” della Lotta di Liberazione. Le parole di “Bella Ciao” non compromettono nessuna parte politica, non indicano né soli dell’avvenire, né rivoluzioni, non invocano né Dio né Patria, riuscendo, grazie anche al motivetto orecchiabile, al battito delle mani, alla protagonista femminile a diventare “il canto” dei nuovi antifascisti inteso come canzone della libertà e del sacrificio necessario a conquistarla e mantenerla.