Un' Odissea. Un padre, un figlio e un'epopea

Comincio subito col dire che questo è  stato uno tra i libri che ho preferito quest'anno. Ci ho trovato  dentro il gusto di quello che amo, con il seminario sull'Odissea tenuto da Daniel Mendelsohn, un fruibile saggio ricco di spunti di riflessioni originali (che delizia!), e l'intreccio della personale Odissea alla ricerca del Padre - alla maniera di Telemaco - che si intesse di stupore, rispetto e tenerezza. Il Proemio del libro, alla maniera omerica, racconta  tutto, ma, come per quello dell'Iliade e l'Odissea, narra la trama ma lascia aperta la porta all'ingresso della bellezza di un testo complesso e polūtropos, nei cui particolari  ognuno vede qualcosa di diverso e, sopratutto, ognuno si specchia, vedendo se stesso. "Un lungo viaggio avevamo fatto una volta io e lui". Noi siamo spettatori e diventiamo protagonisti, evocando i nostri nostos alla ricerca dei perché  o della felicità, che è  racchiusa nel viaggio stesso, come Odisseo sa e come recitano le poesie di Tennyson e sopratutto di Kavafis: "Tienila sempre in mente, Itaca. La tua meta è  approdare là. Ma non far fretta al tuo viaggio." Libr-ida-leggere 📚 #libr_ida_leggere #suggestionidalettura #lecosechemivengonoinmentequandofiniscounlibro #leggeresempre #leggerechepassione #librisulcomodino #libriconsigliati #bookstagram #booklovers #everyreaderhisbook #danielmandelsohn #unodissea #unpadreunfigliounepopea #einaudieditore

«𝘕𝘰𝘴𝘵𝘰𝘴 è la parola greca per 'ritorno a casa', e la forma plurale 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘰𝘪 era il titolo di un poema perduto dedicato al ritorno a casa dei re e condottieri greci che avevano combattuto nelle guerre di Troia. Anche l'Odissea racconta la storia di un 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘰𝘴, benché spesso divaghi dal tortuoso viaggi di Odisseo verso Itaca per descrivere concisamente i 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘰𝘪 di altri personaggi [...] quasi temendo che questi altri 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘰𝘪 possano non arrivare sani e salvi alle generazioni future. Col tempo, la malinconica parola 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘰𝘴, così profondamente radicata nei temi dell'Odissea, si sarebbe combinata con un altro termine appartenente al vasto vocabolario greco concernente il dolore, 𝘢𝘭𝘨𝘰𝘴, per fornirci un modo semplice ed elegante di parlare della sensazione dolceamara legata a un certo tipo di desiderio struggente. Letteralmente, questa parola indica 'il dolore legato al desiderio di casa' ma, come sappiamo, 'casa', soprattutto quando invecchiamo, può indicare non solo un luogo ma anche un tempo. La parola è 𝚗𝚘𝚜𝚝𝚊𝚕𝚐𝚒𝚊.» Qualche settimana fa mi sono approcciata a questo libro di Daniel Mendelsohn, autore del capolavoro "Gli scomparsi" recensito in precedenza da me anni fa. L'opera conferma il mio giudizio su questo scrittore e docente di filologia classica, la sua delicatezza e saggezza traspare nella sua prosa. Ogni volta che mi avvicino a una sua opera rallento i miei ritmi e mi godo l'analisi minuziosa delle parole. Mendelsohn viene inserito nella letteratura americana, tuttavia le sue origini sono avvertibili già dal cognome. E sono proprio queste sue origini di un modo scomparso - per parafrasare una sua espressione - che riemergono: la cultura della parola e della memoria, due concetti molto importanti per il mondo ebraico. Il libro parla di un seminario sull'Odissea che l'autore tenne nel 2012, fra i vari ragazzi che vi parteciparono c'era anche il vecchio padre. Jay Mendelsohn aveva espresso infatti al figlio il desiderio di seguire il suo seminario, con la motivazione di voler apprezzare l'analisi dell'Odissea e, soprattutto, del suo eroe-protagonista che non gli era mai piaciuto. Il romanzo autobiografico prosegue fra analisi dell'opera omerica e il racconto delle vicende familiari. Daniele Mendelsohn, novello Telemaco, con questo libro cerca di scoprire chi era davvero suo padre, l'uomo burbero, autodidatta che gli è stato vicino per buona parte della sua vita. Consigliatissimo a chi sa soffermarsi e apprezzare una buona prosa e sentimenti profondi.