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“Ognuno segna i propri confini col sangue dell’altro.” (p. 110) Il 2025 si apre per me con la lettura fatta tutta d’un fiato dell’ultimo romanzo di Marco Balzano. Non conoscevo questo autore e mi sono avvicinata a questo libro perché parla della storia della Venezia Giulia. Il protagonista però non è un eroe, ma uno spietato aguzzino, che pagina dopo pagina si avvicina sempre più al baratro, a una serie di violenze che non sembrano mai finire. La storia del confine orientale italiano si intreccia con la storia di Mattia Gregori. Il libro è strutturato in quattro parti, ognuna delle quali accompagnata da alcune brevi frasi scritte in corsivo che anticipano il destino di Mattia. Il libro mi è piaciuto molto, in particolare l’osmosi, per certi versi, della discesa di Mattia con quella della città di Trieste:” Mi somigliava ancora Trieste: si era adattata a tutto pur di sopravvivere.” (p. 178) È difficile provare pietà per il protagonista, eppure nel corso della narrazione la maschera che per tutta la vita ha indossato inizia a creparsi sempre più: “Quella notte, invece, il cielo sotto cui eravamo accampati era uno specchio e io per la prima volta potevo guardarmi per ciò che ero: un fascista spiantato che sognava sua madre, una donna senza storia né senza voce.” (p. 81) Fin dalle prime pagine, appare doloroso il rapporto con il padre che non appoggia la scelta di Mattia di diventare squadrista. Eppure, l’amore del padre è una costante nel romanzo e tocca picchi di estremo pathos: “Forse, ho pensato, si può amare solo chi continua ad aspettarci come se non fossimo andati via, come se nel frattempo il mondo non fosse diventato macerie.” (p. 196) Una terra spezzata, una vita corrotta e la speranza che un giorno: “La natura, mi ripetevo, livellerà la terra ancora scura di sangue, l’erba spunterà dove un tempo c’erano le case e lascerà finalmente in pace i morti e gli errori che anch’io ho perpetrato per anni.” (p. 199)