Un gesuita in Cina. 1552-1610: Matteo Ricci dall'Italia a Pechino

Andreotti Giulio - Autore

Rizzoli (2001) - Editore

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Nel 1582, quando il gesuita Matteo Ricci lasciò Goa per raggiungere Macao, la Cina e l'Europa erano mondi reciprocamente impermeabili e sconosciuti. Trent'anni dopo, l'Europa del XVII secolo si sarebbe fatta un quadro preciso della storia, della cultura e dei costumi della Cina, grazie ai "Commentari dalla Cina" di Ricci, mentre i cinesi, da sempre convinti di essere l'unico popolo civile in mezzo ai barbari, "a poco a poco concepivano una grande opinione delle cose d'"Europa", dopo aver apprezzato la scienza e la dottrina di Matteo. Per questa straordinaria opera di mediazione culturale, Matteo Ricci non solo imparò il cinese, ma divenne "cinese", e si dedicò al tentativo di fondere gli insegnamenti di Cristo con quelli di Confucio
Autore
Andreotti Giulio
Titolo originale
Un gesuita in Cina. 1552-1610: Matteo Ricci dall'Italia a Pechino
Traduttore
-
Editore
Rizzoli
Collana
Saggi italiani
Anno edizione
2001
In commercio dal
Formato
Libro
Pagine
125
Dimensioni
-
Codice EAN
9788817869409

Un gesuita in Cina. 1552-1610: Matteo Ricci dall'Italia a Pechino

Andreotti Giulio - Autore



Un gesuita in Cina. 1552-1610: Matteo Ricci dall'Italia a Pechino


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Andreotti Giulio

 
Giulio Andreotti (Roma, 14 gennaio 1919 – Roma, 6 maggio 2013) è stato un politico, scrittore e giornalista italiano. È stato uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana, partito protagonista della vita politica italiana per gran parte della seconda metà del XX secolo. Ha partecipato a dieci elezioni politiche nazionali: è stato il candidato con il maggior numero di preferenze in Italia in quattro occasioni (nel 1958, nel 1972, nel 1979 e nel 1987) e il secondo nelle altre sei (nel 1948 e nel 1953, dietro Alcide De Gasperi; nel 1963 e nel 1968, dietro Aldo Moro; nel 1976 e nel 1983, dietro Enrico Berlinguer). Infine, nel 1991 è stato nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Dal 1945 al 2013 fu quindi sempre presente nelle assemblee legislative italiane: dalla Consulta nazionale all'Assemblea costituente, e poi nel Parlamento italiano dal 1948, come deputato fino al 1991 e successivamente come senatore a vita. Andreotti è stato il politico con il maggior numero di incarichi governativi nella storia della repubblica. Fu infatti: sette volte presidente del Consiglio (per un totale di 2652 giorni, ossia 7 anni, 3 mesi e 7 giorni) e per trentaquattro volte Ministro della Repubblica considerando anche gli incarichi ad interim: otto volte Ministro della difesa; cinque volte Ministro degli affari esteri; tre volte Ministro delle partecipazioni statali (tutte ad interim); quattro volte Ministro del bilancio e della programmazione economica (due volte ad interim nello stesso Governo Andreotti V dal 27/03/1979 al 28/03/1979 e dal 15/07/1979 al 03/08/1979); tre volte Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato; due volte Ministro delle finanze; due volte Ministro dell'interno, la prima a soli trentacinque anni (è tuttora il più giovane eletto a tale carica nella storia repubblicana), la seconda volta lo fu a interim nel suo 4º governo; due volte Ministro per i beni culturali e ambientali (ad interim); due volte Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (nei governi Moro IV e Moro V); una volta Ministro del tesoro; una volta Ministro delle politiche comunitarie (ad interim), una volta Ministro per il coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica (ad interim nel suo V governo). Nella storia della Repubblica Italiana Andreotti è il secondo Presidente del Consiglio per numero di giorni in carica, superato solo da Silvio Berlusconi. A cavallo tra XX e XXI secolo fu imputato in un processo per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Fu assolto in primo grado dal Tribunale di Palermo con sentenza del 23 ottobre 1999. La Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 2 maggio 2003, dichiarò commessi ma prescritti i reati anteriori alla primavera del 1980, mentre fu confermata l'assoluzione per tutti gli avvenimenti successivi dal momento che la corte rilevò che dopo quella data, anche come conseguenza dell'omicidio di Piersanti Mattarella, presidente democristiano della Regione Siciliana, egli mutò atteggiamento portando avanti un "incisivo impegno antimafia condotto nella sede sua propria dell'attività politica". La Cassazione, infine, confermò la sentenza di appello ed Andreotti pagò le spese processuali. È stato sposato dal 1945 con Livia Danese (1921-2015), da cui ha avuto quattro figli: Marilena (1946), Lamberto (1950), Stefano (1952) e Serena (1954). Nel luglio del 2007 ha donato l'archivio personale (incrementandone poi la dotazione documentaria fino alla scomparsa) all'Istituto Luigi Sturzo.
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