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Stefan Zweig, celebre narratore del mito dell’Austria Felix, è stato anche un viaggiatore curioso e appassionato. Tra i suoi vari itinerari, nel 1928, durante il centenario della nascita di Tolstoj, si reca in Russia. Il libricino racconta le scoperte che lo scrittore austriaco fa della cultura russa post rivoluzione. Lascia così un affascinante affresco di un’epoca raccontato con la delicatezza e la poesia di un grande autore. Certo, il testo va visto e letto ricordando il contesto storico dell’autore, ma ciò non impedisce a un lettore con una buona capacità critica di godersi un bel reportage. “Giacché il genio è il pericolo di questo popolo sta prima di tutto nella sua immensa capacità di attesa, nella sua per noi incomprensibile pazienza, che è tanto vasta quanto la terra russa. Questa pazienza è sopravvissuta a ogni epoca, ha sconfitto Napoleone e l’autorità zarist, e anche adesso agisce come il più potente e robusto pilastro nella nuova architettura sociale di questo mondo. Infatti, nessun altro popolo europeo sarebbe stato in grado di sopportare ciò che questo si è abituato da mille anni a subire, e subendo quasi con gioia la propria sorte; cinque anni di guerra, poi due, tre rivoluzioni, sanguinose guerre civili da Nord, da Sud, da Est, da Ovest che si sono abbattute contemporaneamente su ogni città e villaggio; infine, pure la terribile carestia, la carenza di alloggi, il blocco economico, l’espropriazione dei beni - una summa di sofferenza e martirio, di fronte alla quale la nostra sensibilità non può che inchinarsi con deferenza. Tutto ciò la Russia ha potuto tollerarlo soltanto grazie a questa sua eccezionale resistenza nella passività, attraverso il mistero di una capacità di sopportazione illimitata, attraverso un Nitschewo (‘non fa niente’) ironico ed eroico al tempo stesso, e una tenace, muta e profondamente devota pazienza, la sua vera e incomparabile forza.”