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Il 31 luglio del 1919 nasceva a Torino Primo Levi ed è proprio in questa giornata che voglio ricordarlo attraverso le parole dell’ultimo saggio che ho letto. Primo Levi rappresenta per me il mio primo amore letterario. Avevo 13 anni, avevo da poco perso mio papà e dentro di me provavo molta rabbia: non riuscivo a capire il motivo di tanta sofferenza che vedevo ingiusta e gratuita. Mi sono avvicinata al suo libro più celebre attraverso la mia odiatissima professoressa d’italiano delle medie - che non smetterò mai di ringraziare per avermi insegnato che si può insegnare lettere in un altro modo - che lo leggeva assieme a noi proprio perché costretta. Per farle un torto avevo preso anche “il seguito”, ossia La tregua in biblioteca. La prosa di Levi mi incantò subito, il suo modo razionale di chiedersi il perché del male mi rapirono fin dalle prime pagine. Quest’anno ho visto un’intervista di Carlo Greppi e mi ha affascinato per il fatto che finalmente qualcuno stava parlando di una storia che da sempre mi aveva commossa e, allo stesso tempo, incuriosita: la storia dell’uomo che salvò Primo Levi. Ho assaporato lentamente questo saggio storico che non è per nulla facile, poiché - da storico appunto - Greppi lavora sui documenti e racconta tutti i particolari; tuttavia il modo di narrare è accattivante aiuta la lettura e incentiva la voglia di arrivare fino alla fine. Le domande poste dallo storico ci aiutano a capire le tante sfaccettature della storia, ci accompagnano verso un’analisi più profonda sia della storia sia dei due protagonisti e per i lettori di Levi scioglie anche qualche quesito. Ho apprezzato il ricco apparato di note che mi ha dato la possibilità di scoprire alcuni testi e molti articoli che non conoscevo. Come di consueto, lascio qualche pezzo che mi ha colpita, tuttavia in questo caso è davvero una minima parte, poiché ho sottolineato moltissimo. “La disposizione di superiorità nella disposizione spaziale di quel momento e nella gerarchia del Lager, in quel lungo tempo passato a distanza ravvicinata senza essere a conoscenza l’uno dell’esistenza dell’altro, era per così dire un contrappasso, considerati i reciproci trascorsi, nel mondo di prima e di lassù. Mentre laggiù nel 1944 il privilegio era sul suolo che calpestava lui [Lorenzo] che tanto aveva sputato polvere, ora, il prigioniero 174517 che nella vita svanita era il borghese dotato di discreta fortuna, il laureato chimico in erba Primo Levi, laggiù sul fondo dello spirito umano era schiavo come migliaia d’altri.” “‘Guarda che rischi, a parlare con me’, disse Primo. ‘Non me ne importa niente’, gli rispose Lorenzo.”