Dopo il successo al cinema di Bohemian Rhapsody, il film che ripercorre i primi quindici anni di carriera dei Queen e che ha fatto guadagnare a Rami Malek l’Oscar come migliore attore protagonista per la sua interpretazione di Freddie Mercury, un altro biopic musicale sta facendo impazzire i fan del Rock in tutto il mondo: è The Dirt, disponibile su Netflix dal 22 marzo, racconto delle imprese musicali e non dei Mötley Cruë, la band Glam Metal più famosa (e famigerata) degli anni Ottanta.
Basato sul libro The Dirt. Confessioni della band più oltraggiosa del rock (uscito negli Stati Uniti nel 2001 e pubblicato in Italia da Tsunami Edizioni), nel quale i membri della band Tommy Lee, Mick Mars, Vince Neil e Nikki Sixx, assieme al giornalista del «New York Times» Neil Strauss, hanno raccontato tutta la loro storia, il film vede quattro veri e propri disadattati di Los Angeles, ognuno con un grave problema alle spalle, puntare tutto sulla musica e affrontare gli alti e bassi dello show business, tra tour mondiali, primi posti in classifica, dischi di platino, premi di ogni tipo ma anche sregolatezza sfrenata, risse, alcool e decadenza.
The Dirt è stato accolto tiepidamente dai critici cinematografici, ma, proprio come gli album dei Mötley Cruë, ha infiammato i cuori dei loro fan e degli appassionati di musica in generale, che non aspettavano altro che questo film venisse realizzato, dopo una gestazione lunga oltre un decennio. A conti fatti, in questa operazione i veri vincitori sono stati i Mötley Cruë stessi, i quali, grazie alla loro capacità narrativa, hanno saputo generare prima un libro di successo (The Dirt è stato a lungo un best seller del «New York Times» ), poi un album che ne è la trasposizione in musica (The Saints of Los Angeles) e infine un film visto in tutto il mondo. Quando si dice il potere della letteratura.