“Ucronia” di Emmanuel Carrère, in equilibrio tra realtà e finzione

Emmanuel Carrère è senza dubbio uno degli scrittori contemporanei più originali e innovativi della letteratura francese e internazionale. Autore, regista, sceneggiatore e giornalista, Carrère è noto per la sua capacità di fondere abilmente realtà e finzione, scavando nell’intimità umana e nei recessi più oscuri della mente. La sua opera è caratterizzata da un inconfondibile stile autobiografico che si mescola con elementi narrativi che appartengono al giornalismo, al reportage e al romanzo.

Proprio questa settimana, escono quasi in contemporanea in Italia due lavori dove l’impronta di Carrère è piuttosto marcata. Infatti, mentre nelle sale cinematografiche è arrivato il film Limonov di Kirill Serebrennikov, basato sull’omonima biografia romanzata del 2012, con Ben Whishaw nei panni di Ėduard Limonov e Viktoria Miroshnichenko in quelli di sua moglie Elena Ščapova, in libreria arriva – a 38 anni dalla pubblicazione francese – il saggio Ucronia (rielaborazione della sua tesi di laurea), dove l’autore riflette sul genere e ne esplora alcuni esempi, analizzando opere celebri e testi semidimenticati. Anche se pubblicato per la prima volta nel 1986, letto con le lenti del’oggi, questo libro mostra come i alcuni temi siano rimasti una costante nella successiva produzione romanzesca di Carrère, da I baffi a L’avversario. Ma ripercorriamo per sommi capi la carriera dello scrittore francese.

Gli esordi

Nato a Parigi nel 1957, Emmanuel Carrère è di figlio di Hélène Carrère d’Encausse, celebre storica specializzata in Russia e terza donna ad essere stata eletta all’Académie Française. Carrère cresce in un ambiente intellettualmente stimolante e frequenta l’Institut d’Études Politiques, più noto come Sciences Po. Nonostante la sua educazione lo porti verso studi accademici di alto livello, è la scrittura che cattura il suo interesse fin dalla giovane età.

Il suo primo romanzo, L’amie du jaguar (1983, inedito in Italia), segna l’inizio della sua carriera. Questo esordio narrativo è un’opera dallo stile surreale, in cui Carrère esplora già temi come l’identità e l’alienazione, temi che torneranno a essere centrali nei suoi lavori successivi. Nonostante l’accoglienza critica non sia entusiastica, Carrère si dimostra subito uno scrittore dall’immaginario unico. Seguiranno i romanzi Bravura (1984), I baffi (1986), Fuori tiro (1988), La settimana bianca (1995) e la biografia di Philip K. Dick Io sono vivo e voi siete morti (1993, a testimonianza del costante interesse dell’autore per tematiche legate alla fantascienza), che fanno di lui uno scrittore di culto assoluto.

Il successo con L’Avversario

Il punto di svolta nella carriera di Emmanuel Carrère arriva nel 2000, con la pubblicazione de L’avversario. Questo libro racconta la storia vera di Jean-Claude Romand, un uomo che ha vissuto una doppia vita per quasi vent’anni, fingendo di essere un medico rispettato, mentre in realtà non aveva mai completato i suoi studi. Quando la verità rischia di venire a galla, Romand compie un gesto estremo, uccidendo la sua famiglia e tentando il suicidio.

Carrère si avvicina a questo fatto di cronaca nera con uno sguardo empatico e filosofico, cercando di esplorare la natura del male e della menzogna. L’avversario segna anche una svolta stilistica per l’autore, che inizia a mescolare realtà e finzione in modo sempre più netto, ponendosi all’interno della narrazione come un personaggio che riflette sul proprio ruolo di scrittore. L’approccio di Carrère in questo romanzo viene spesso paragonato a quello del non-fiction novel, una tecnica inaugurata da Truman Capote in A sangue freddo, ma con una forte componente di introspezione personale.

La fase autobiografica

Dopo il successo de L’avversario, Carrère continua a esplorare il confine tra narrativa e autobiografia. Un romanzo russo (2007) rappresenta un altro passo importante in questa direzione. In questo libro, l’autore intreccia la sua esperienza personale – un viaggio in Russia sulle tracce del nonno materno scomparso durante la Seconda guerra mondiale – con una riflessione sul suo rapporto con la fidanzata dell’epoca, Sophie. Un romanzo russo è un’opera intima e dolorosa, che tocca temi quali l’identità familiare, la vergogna e il senso di colpa.

Vite che non sono la mia (2009) segna un altro momento cruciale nella produzione di Carrère. Il libro racconta due storie vere, che si intrecciano con la vita personale dello scrittore. La prima narra di un incontro con una famiglia colpita dal disastro dello tsunami del 2004, la seconda segue la vita di un giudice affetto da cancro (ovvero della sorella della sua compagna) e la sua battaglia contro la malattia. Carrère riesce, anche in questo caso, a fondere la sua esperienza diretta con il reportage, creando un’opera che parla del dolore, della perdita e della resilienza umana.

La fama internazionale con Limonov

Nel 2012, Carrère pubblica Limonov, una biografia romanzata che si concentra sulla vita dell’omonimo scrittore e attivista politico russo Eduard Limonov. Personaggio controverso e carismatico, Limonov è stato poeta, dissidente e poi fondatore del Partito nazional bolscevico. Carrère traccia un ritratto complesso di Limonov, che attraversa la storia russa dalla fine del regime sovietico fino agli anni più recenti. L’autore non giudica il suo protagonista, ma lo racconta con uno sguardo distaccato, cercando di comprendere le sue contraddizioni.

Il successo di Limonov conferma Carrère come uno degli scrittori più rilevanti della sua generazione. Il libro vince numerosi premi, tra cui il prestigioso Prix Renaudot, e viene acclamato per la sua capacità di fondere biografia, storia e politica con una narrazione vivace e avvincente.

Fede e dubbio: Il regno

Nel 2014, invece, Carrère pubblica il saggio Il Regno, un’opera che segna un ulteriore passo nella sua esplorazione dei grandi temi esistenziali. In questo libro, l’autore racconta la sua personale crisi religiosa e il suo periodo di fervore cristiano negli anni Novanta, alternando questa riflessione con una narrazione storica sulla nascita del Cristianesimo e sulla figura di San Paolo. Il Regno è un’opera monumentale, che si interroga sulla natura della fede, del dubbio e della verità.

Il libro ha suscitato grande dibattito in Francia, soprattutto per il modo in cui Carrère affronta questioni religiose con la sua caratteristica onestà intellettuale e senza nascondere le proprie contraddizioni personali. La sua scrittura in questo caso è più filosofica e speculativa, ma non meno coinvolgente, confermandosi capace di affrontare con profondità temi universali.

Il cinema e la televisione

Oltre alla sua carriera letteraria, Carrère ha anche lavorato nel cinema e nella televisione. Ha diretto alcuni film, tra cui L’amore sospetto (2005), adattamento del suo romanzo I baffi del 1986, e Tra due mondi (2021) con Juliette Binoche, liberamente tratto dal libro-inchiesta di Florence Aubenas Le Quai de Ouistreham. Entrambe le pellicole sono state ben accolte dalla critica, confermando la versatilità di Carrère anche come regista.

Carrère ha inoltre collaborato alla sceneggiatura di numerose opere cinematografiche e televisive, tra cui la serie Les Revenants (2012), adattamento del film Quelli che ritornano di Robin Campillo (2004), che ha avuto un grande successo in Francia e all’estero. Anche qui, l’autore dimostra la sua capacità di affrontare temi esistenziali in contesti diversi, mescolando generi e influenze.

La saggistica con Yoga e V13

Nel 2020 Emmanuel Carrère ha pubblicato Yoga, un libro in cui affronta direttamente la sua battaglia contro la depressione e il disturbo bipolare. Presentato inizialmente come una riflessione sulla meditazione e lo yoga, il libro si trasforma presto in una narrazione più oscura e personale, in cui Carrère racconta il suo internamento in una clinica psichiatrica e il percorso di recupero. Yoga è un’opera coraggiosa e sincera, che continua il percorso autobiografico intrapreso dall’autore negli ultimi anni.

Completamente diversa è invece l’ultima sua opera, V13, pubblicata nel 2022, raccolta degli articoli (largamente ampliati per l’occasione) pubblicati a cadenza settimanale dall’autore sul quotidiano francese “Obs”. Qui Carrère racconta la sua partecipazione al processo intentato contro i complici e l’unico sopravvissuto tra i colpevoli delle azioni terroristiche accadute a Parigi venerdì 13 novembre 2015, al Bataclan, allo Stade de France e a una serie di bistrot che complessivamente hanno determinato la morte di 130 persone e il ferimento di altre 350.

Insomma, la carriera di Emmanuel Carrère è una costante esplorazione dei confini tra realtà e finzione, tra vita privata e storia collettiva. La sua scrittura, profondamente personale e intellettualmente ambiziosa, lo ha reso uno degli autori più significativi della letteratura contemporanea. Con ogni nuova opera, Carrère riesce a sorprendere e a sfidare i suoi lettori, affrontando temi complessi con una lucidità e una sensibilità uniche. Attraverso il suo stile inconfondibile e la sua capacità di mettersi in gioco, Carrère ha trasformato la letteratura in un laboratorio di ricerca dell’animo umano, facendo della sua stessa vita il materiale su cui costruire un’opera universale.